giovedì 8 novembre 2018

Storia di Michele. Di Vincenzo Maria D'Ascanio



Arrivai a San Lorenzo durante una mattina di Dicembre. Non saprei dire la ragione per cui vi andai, ma da quando sono partito ho guidato verso un’unica direzione, come un automa dalle pile sin troppo cariche. Era un pomeriggio sufficientemente caldo, nonostante i preparativi per il Natale fossero ormai imminenti. Già, il Natale, da anni lo vivevo sempre allo stesso modo: la vigilia dai parenti di mia moglie, il venticinque dai miei genitori. Una vera e propria scocciatura, soprattutto quando i miei cognati e mio suocero cominciavano i loro discorsi serrati su caccia e arte della manovalanza.

Da quando io e Francesca ci siamo lasciati la vigilia la trascorro con la mia famiglia, non che mi diverta da strascicarmi al suolo, se non altro non sono costretto a sorbirmi quelle odiose fanfaronate. Certo, vorrei trascorrerlo con mio figlio, ma come dice Woody Allen, non hai conosciuto davvero una donna sin quando non ti trascina in tribunale. Inoltre, più lenta della burocrazia italiana, penso esista solo una lumaca zoppa.

Mentre riflettevo sugli imminenti preparativi dinanzi a me comparve San Lorenzo, una cittadina costiera che si stende come una coperta su un basso rilievo collinare. Alla mia destra c’era il mare, talmente calmo da sembrare un infinito specchio. Abbassai il finestrino per sentirne il profumo, che aveva invaso l’abitacolo. Il pensiero volò all'ultima Estate: l’aria calda sul viso, la scoperta di nuove spiagge, le serate con gli amici, le ore coi pedalò o la canoa. Ora l’Estate è un miraggio, paglietta, occhiali stile Vasco e boxer giacciono nel ripostiglio, e per sei o sette mesi non li utilizzerò. Non restano che i ricordi, i bei ricordi, che si mescolano alla malinconia e ad una straordinaria voglia di libertà.

Nel frattempo, arrivo al parcheggio non distante dal lungomare. Le barche ormeggiate mostrano i segni delle tempeste e degli anni: chissà quante volte avranno affrontato il mare, e quante volte saranno ritornate, magari con un carico di pesce nella stiva. Mi perdo e gioco con la fantasia, come spesso e volentieri mi accade. In lontananza noto alcuni pescatori allineati lungo la banchina, a qualche metro di distanza l’uno dall'altro. Mani nelle tasche passeggio pensieroso per una strada in pendenza, che mi allontana dalla piattaforma marina. Dopo pochi metri mi ritrovo nella strada principale, dove due imponenti file di alberi trasformano la via in una sinistra caverna vegetale. D’Estate questa via è particolarmente affollata, questo pomeriggio, invece, su quella stessa strada non c’è nessuno, ed una nuova inquietudine mi contagia come una febbre stagionale.

Brano tratto da "Short story", Sa Babbaiola Edizioni


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