giovedì 15 novembre 2018

L’olio di Maria. Di Nina Busalla.



È da stamane che dal cielo scendono fiocchi di neve grandi come farfalle, le montagne e gli alberi,  magicamente, si rivestono di un manto impalpabile che assume la forma delle cose. Il paesaggio riflette il candore della mia vita ma anche il mio dolore, quello che da un po’ di tempo è chiuso nel mio cuore. Con la neve è arrivato anche il gelo a Torune, le strade sono scivolose e fredde ed il vento soffia con il suo lugubre verso che mi fa impallidire di paura. Quanti inverni duri come coltelli affilati, e quante estati senza fine in questo piccolo paese!

Avevo capito che a casa era accaduto qualcosa perché il dottor Spadedda veniva spesso a visitare mia madre. Io avevo appena dodici anni, mi sentivo comunque grande anche se il mio corpo era ancora acerbo, nonostante le lunghe gambe. Mi chiamavano riccioli d’oro.  I miei occhi verdi così espressivi e vivaci erano l’invidia delle mie compagne di scuola, che invece avevano occhi neri e capelli corvini.

Il mio paese svettava a circa 800 metri sul livello del mare, l’inverno era molto rigido, tanto che mio padre, che faceva il pastore, era costretto a migrare con il suo gregge, in località più calde verso la costa. Era sua abitudine rientrare a casa una volta al mese per fare il carico di viveri e spesso non passava neppure una notte con noi, perché non poteva abbandonare le greggi ed il servo pastore. Le pecore avevano bisogno di molte attenzioni, ed occorreva essere almeno in due per accudirle.

Ricordo che quando venne a trovarci s’era attardato in cucina con mia madre e parlava a voce molto bassa per cui non riuscivo a capire l’argomento della loro conversazione, capii comunque  che qualcosa non andava, perché il viso di mio padre si rattristò ed al momento della partenza, mentre abbracciava mia madre, aveva gli occhi pieni di lacrime. Ero diventata sospettosa, cercavo di capire... perciò ogni volta che qualcuno veniva a trovarci ero sempre vigile, attenta, per captare anche il più piccolo segnale.

Mia madre intanto era ogni giorno più pallida, senza forze, non s’alzava dal letto, non era più la donna forte e dinamica che conoscevo.

Un giorno successe un fatto nuovo, mia zia Letizia, sorella di mia madre, che veniva tutti i giorni a casa per darci una mano, s’era attardata nel cortile a parlare con zia Rosaria, una vicina di casa.

Brano tratto da "Short story", Sa Babbaiola Edizioni

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